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domenica 26 novembre 2017

Alla radice dell'allergia per il Sacro


I miei affezionati lettori non ne abbiano male se, dati gli attuali procellosi tempi, sono spesso costretto a fare analisi di fatti un po’ deprimenti. 
Come un medico deve individuare l’origine di una malattia per poterla combattere meglio, così nel Cristianesimo è necessario individuare la vera origine di ciò che lo rovina nella speranza di sollevarlo almeno un po’ fosse solo in noi stessi.
Credo sia illusorio avvicinarsi alle cause senza individuarle precisamente perché si fornirà una cura sempre inadeguata: sarà come cercare di curare il mal di testa con dell’acqua zuccherata. Individuata la vera causa siamo in grado di riparare tutte le distorsioni che provengono da essa.

Quando nel mondo cattolico notiamo un’allergia al sacro, che si manifesta in liturgie sciatte, nelle quali viene meno la forma rituale e s’inseriscono sempre maggiori improvvisazioni secolarizzanti, il motivo di fondo non è tanto il semplice rifiuto della dimensione sacrale. Questo stesso rifiuto è generato da altre cause che stanno più a fondo. Diverse volte in questo blog ho evidenziato che esiste un corretto modo d’intendere il sacro, legato dunque all’interiorità umana vivificata dalla presenza della grazia divina. Il sacro non è perso solo perché di fatto manca una reale esperienza di tale grazia ma anche da un altro motivo alla base di tutto: l’approccio alle Sacre Scritture.

Tutto inizia dalla predicazione, al punto che san Paolo dice: “Come potranno credere in lui, se non ne hanno sentito parlare?” (Rm 10, 14). 
La fede inizia dall’ascolto ma anche dal modo in cui viene proposta la Rivelazione.
Tradizionalmente la Bibbia è letta nella Chiesa. Non a caso il luogo princeps di tale lettura è la Liturgia. Questo perché la Sacra Scrittura sgorga dalla Tradizione ed è la Tradizione che offre gli strumenti per poterla leggere e capire. La Tradizione è per la Scrittura come il castone è per il diamante (1)
La Sacra Scrittura staccata dalla Tradizione e dalla Chiesa diviene un libro come un altro, soggetta, dunque, a libere interpretazioni.
La rivoluzione di Martin Lutero è stata proprio quella di sganciare la Bibbia dalla Tradizione collegandola strettamente con la libera interpretazione dell’unico soggetto che la legge. Quest’evento storico è stato radicale perché si contrapponeva ad una situazione altrettanto radicale: la situazione ecclesiale determinata dalla teologia cattolica del XV secolo, divenuta una costruzione artificiale di asserti filosofici spesso fine se stessi, tali da attirare le ironie di Erasmo da Rotterdam (2). L’arrivo di Lutero ha determinato un rigetto di tutto questo mondo basso medioevale che si smarriva discettando, come si dice, sul “sesso degli angeli”.

Tuttavia, la Bibbia staccata dalla sua Tradizione e dalla Chiesa, come luogo d’interpretazione e di riconoscimento del messaggio biblico, ha iniziato a determinare una pletora d’interpretazioni tra loro contraddittorie e la conseguente suddivisione del movimento protestante in moltissime piccole comunità senza comunione vicendevole. Il riformatore tedesco, nell’intento di guarire una malattia, asportando degli organi malati, ha creato una serie di problemi a catena che, forse, non immaginava nemmeno.
Tra i vari approcci determinati dalla libera interpretazione della Bibbia, abbiamo anche quelli del protestantesimo liberale. “Tra il 19° e il 20° secolo, si è [...] sviluppato un movimento denominato protestantesimo liberale, che ha valorizzato la ricerca razionale e ha cercato il dialogo con la cultura e la filosofia moderne. Alcuni studiosi hanno avviato un’indagine storico-critica sulla figura di Gesù, sull’attendibilità storica dei Vangeli e sul modo in cui l’uomo moderno vive l’esperienza di fede, al di là degli elementi mitici presenti nei testi biblici” (3).
Con questi presupposti l’interpretazione biblica si è sentita libera di contraddire qualsiasi pacifica acquisizione di fede trasmessa dalla Tradizione. Oggi il cammino degli esegeti che si riferiscono a quest’interpretazione razionalista è molto progredito.
Da tale lavoro chi ne esce completamente “ridimensionato” è Cristo stesso, il quale viene totalmente spogliato da qualsiasi attributo divino in nome di una lettura seria e scientifica dei Vangeli.
Uno dei diffusori di tale lettura antitradizionale in Italia è senz’altro Franco Barbero. Nonostante il Vaticano gli abbia ufficialmente proibito di esercitare il sacerdozio, costui continua nella sua attività sacerdotale animando una fitta rete di relazioni che si riferiscono anche alle Comunità di Base e mantenendo i contatti con moltissimi sacerdoti cattolici. Si può ben dire che egli rappresenti la punta di un iceberg sommerso perché le sue idee tentano enormemente il mondo cattolico, oramai privo di reali e vitali collegamenti con la Tradizione.
Oggi il  Cattolicesimo è tentato ancor più perché chi ne sta al vertice, non interessandosi di teologia e di esegesi biblica, lascia aperta ogni via interpretativa. Con Bergoglio pare veramente che tutto sia possibile al punto che il Cattolicesimo sembra ripiombato negli anni 70!
Sono queste idee sulla Sacra Scrittura che, a mio avviso, snervano totalmente la vita cristiana tradizionale, dichiarano morta ogni sacralità, promuovono come buona ogni genere di prassi scelta “in coscienza”. Se il clero svilisce la Liturgia, rovescia i significati della Scrittura, insegue i piaceri del mondo, promuove un’architettura che non è più sacra (4), è da qui che si deve partire perché una predicazione della Bibbia convinta e verace in senso tradizionale produce, al contrario, frutti opposti.

Ma che dice Franco Barbero?
Le sue idee non sono un mistero poiché ha già prodotto molti pamphlet nei quali ama dire che solo l’eresia è unautentica liberazione. Il suo ultimo libro è un programma già dal titolo: Confessioni di un eretico.
Faccio un breve riassunto di alcune sue idee e saranno più che sufficienti, a chi è fermamente ancorato nella Tradizione, per stupirsi e rattristarsi assai (5).

  • I Vangeli non riportano i fatti e i detti di Gesù, se non in parte residuale, perché riflettono, di fatto, le preoccupazioni delle comunità cristiane primitive. In essi si può attingere al Gesù della fede”, perché il “Gesù della storia” è praticamente quasi un mistero.
  • Gesù, il Nazzareno, era un uomo come noi che incorreva in errori, rimanendo chiuso nel particolarismo ebraico, ma che conosceva anche conversioni, aprendosi ad un universalismo salvifico che comprendeva tutti.
  • Gesù riceve il titolo di Dio solo dalle comunità cristiane e, soprattutto, da san Paolo che opera, così, una rottura con il messaggio evangelico originale predicando un “suo” Vangelo diverso e distinto da quello di Gesù ma che, poi, s’impone.
  • Ben presto il Cristianesimo si riveste di riti e usi pagani finendo, così, per tramandare nei secoli un’immagine diversa da quella suggerita dal Nazzareno.
  • Oggi è necessario ripristinare il Cristianesimo autentico spogliando il Vangelo da miti e interpretazioni sacralizzanti con i quali la Chiesa ha ingannato per secoli i fedeli.

Nessuno si meraviglia che esista una sorta di rapporto tra il messaggio di Cristo e le esigenze delle comunità primitive ma quello che qui si vuole dire, in nome della serietà scientifica, è che queste ultime, alla fine, confezionano un Cristianesimo differente da quello voluto da Cristo. San Paolo, in tal senso, è un autentico falsario, così falso da essere stato una vera e propria “bestia nera”.
Il tentativo di ripristinare un ideale “vangelo originale” determina di fatto una desacralizzazione degli stessi Vangeli che divengono semplice parola umana, elaborabile e interpretabile secondo criteri che prescindono sicuramente dalla fede e si collegano a pure ragioni “razionali”.

Mi si dirà che queste interpretazioni sono estremiste e, tutto sommato, appartengono solo ad una piccola élite di studiosi che non è in grado d’influenzare la massa. Sono convinto del contrario. Infatti, i frutti da esse determinato e che ci circondano praticamente ovunque, provengono esattamente da quell’albero, da quel preciso modo di pensare anche se non sempre si giunge a tutte le sue logiche conseguenze. Se la Scrittura non è più Sacra, se Cristo non è più Dio, se san Paolo impone un Vangelo posteriore e almeno in parte falsificato, è ovvio che il metro e la misura di tutto diviene la propria coscienza, una coscienza che prescinde totalmente dalla Tradizione e dai riferimenti da essa proposti, una coscienza scusata perché legata ad una interpretazione “razionale e scientifica”.
Questo spiega il “Cristianesimo fluido” proposto da Bergoglio, la rovinosa prassi morale di chierici e laici, la dissacrazione della liturgia, l’interpretazione secolarizzata della Bibbia, la morte degli ordini contemplativi, ecc.
Tale lettura si vuole imporre a tutti i costi in nome di una “serietà scientifica” che scredita ogni altro tipo e genere di approccio [poi i suoi assertori si dichiarano pure apostoli del pluralismo!]. Quello che pare passare inosservato è che i presupposti di tale lettura non paiono proprio “oggettivi” se si ritiene come punto di partenza che i miracoli, ad esempio, non possono assolutamente essere esistiti perché... i miracoli non esistono!

Il male è profondo ma i vescovi tacciono. Risiedono tranquilli nei loro palazzi e non vogliono che nessuno ricordi loro che ci sono dei problemi. Così facendo, però, tradiscono brutalmente il motivo per cui sono stati ordinati.

Questa prassi dissacratoria, che sta devastando l’Occidente, si volgerà o prima o poi anche alle Chiese orientali ree di essere ancora in una fase “mitica”, “sacrale” e “ascientifica”. Sono i protestanti che c’interessano non gli ortodossi, rimasti legati al passato, diceva il teologo Luigi Sartori (1924-2007), rivelando con ciò tutto un terreno di coltura nel quale può cadere e fiorire rigogliosamente quel tipo di seme!
E c’è da scommetterci che alcuni chierici ortodossi, succubi dell’Occidente per un atavico complesso d’inferiorità, gli apriranno le porte esponendo pure il loro gregge alla devastazione.
(Ho fatto a tempo a vedere studenti ortodossi di teologia venerare il pensiero sartoriano non accorgendosi affatto di alcuni suoi inquietanti presupposti, per cui non mi meraviglio di nulla oramai!).

Il desiderio di creare una “teologia postpatristica”, che si riscontra qua e là soprattutto in Grecia, promette già bene in tal senso come promette bene l’impressione imbarazzante data da troppi vescovi ortodossi, desiderosi di vivere in pace nei loro palazzi, lontani da qualsiasi tipo di problema quasi fossero elevati all’episcopato esclusivamente per i propri interessi. Ma in ciò Oriente e Occidente oramai si affratellano sempre più!

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NOTE

(1) La lettura della Bibbia nella Chiesa prevede la conoscenza dell’interpretazione biblica nella letteratura patristica perché la fede dei Padri è in grado di vivificare anche quella attuale. Domanda: quale istituzione teologica cattolica (scuola o seminario) percorre il Nuovo Testamento (per non parlare dell’Antico) facendosi accompagnare dall’interpretazione patristica? Nessuna, che io sappia! I corsi di patrologia sono fatti sommariamente e vengono concepiti, per lo più, come un’anticamera alla vera teologia. Il passato, che costituisce con il presente che lo veicola la Tradizione della Chiesa, è di fatto bellamente respinto. L’omiletica riflette questo stato di cose: non ci sono riferimenti alla spiritualità ascetico-patristica se non in rarissimi casi. Le riflessioni che accompagnano il commento alle Scritture rivelano, per lo più, un vero e proprio scisma dal passato e dalla Tradizione ecclesiale, un allontanamento che neppure la teologia scolastica avrebbe mai pensato di fare. Tommaso d’Aquino, infatti, cerca di fare riferimento per quanto può e come meglio riesce alle fonti cristiane antiche, seppur inserendole in una griglia di lettura e in un metodo innovativo.  

(2) La Tradizione della Chiesa è un insieme d’insegnamenti provenienti da personalità ecclesiastiche autorevoli e universalmente riconosciute. È vero che negli scritti dei Padri ci possono essere valutazioni o osservazioni legate al loro tempo e che non possono più riguardarci, come ad esempio le conoscenze mediche di allora. Ma è altrettanto vero che essi, per quanto riguarda l’insegnamento e la testimonianza di fede, sono tutt’altro che superati. Non capirli e servirsi delle loro opere in modo strumentale per costruire una filosofia puramente speculativa ha portato la teologia del XV secolo ad una crisi tale da essere stata rigettata in toto, compresi anche quegli aspetti tradizionali che avrebbero dovuto essere conservati. Oggi, nonostante gli scritti dei Padri compaiano nelle letture dei breviari cattolici, sono di fatto lettera morta perché la teologia non attinge più alla loro prospettiva di fede e, di conseguenza, neppure l’omiletica.

(3) Questa definizione assai generica e semplificata da, però, l’idea di cosa sia tale movimento i cui presupposti sono penetrati profondamente nello stesso mondo cattolico. Vedi qui

(4) “È indubbio che, dopo il Concilio, sulla nostra teologia ha agito l’influsso del protestantesimo liberale e dello scientismo: entrambi si propongono in ogni modo di ridurre l’ambito del mistero. Nei Paesi germanici la teologia soffre di un complesso di inferiorità verso la critica biblica protestante, nei Paesi latini verso la cultura laicista. Questa caduta della sensibilità al mistero si vede persino nell’architettura delle chiese moderne, incapaci di cogliere il senso religioso: quella “vibrazione”, ad esempio, espressa mirabilmente dai rosoni nelle cattedrali romaniche e gotiche. Nelle cattedrali medievali, tutto era simbolo sapiente che i fedeli, anche se ignoranti secondo le categorie accademiche, sapevano cogliere, appagando così quel bisogno religioso che è in ogni uomo. Misure, proporzioni, scorci: pensi che, in quelle cattedrali mirabili, la luce era filtrata in modi ispirati alla sapienza dell’alchimia di cui pochissimi avevano la formula. La liturgia cristiana d’oggi, invece, ha dimenticato che la liturgia deve essere sposa fedele dell’arte; anzi, la liturgia stessa è arte che deve fare appello alle emozioni e ai sentimenti che stanno al fondo di ogni uomo. Si è ignorato che emozioni e sentimenti hanno pari (se non superiore) importanza del nostro aspetto intellettivo. Oltretutto, ponendo l’accento sulla sola dimensione della ragione si perde quella universalità delle emozioni e dei sentimenti che unifica la razza umana: prova ne sia che posso innamorarmi di una persona di una qualsiasi razza o cultura. È anche nei vuoti aperti da questo razionalismo, che da qualche tempo contrassegna pure il cattolicesimo, che si insinuano le sette e ogni forma di occultismo ed esoterismo” Vedi qui

(5) Traggo questi punti dalla lettura di qualche post del seguente blog.

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