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lunedì 30 gennaio 2012

Linguaggio verbale, linguaggio liturgico




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Riassunto:
come avviene nel linguaggio verbale, il linguaggio liturgico adopera elementi preesistenti e ne cambia il significato. Il mondo precedente non viene mai totalmente distrutto ma convertito sulla base di nuove esigenze e questo è inevitabile. L'altare cristiano, dunque, è sia ara sacrale del sacrificio della Nuova Alleanza, sia mensa del Regno. 

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Oggi, da parte di alcuni studiosi e diversi cristiani praticanti, si pensa che la Chiesa dei Padri, quindi quella dei primi secoli, abbia introdotto elementi di rottura sostanziale rispetto all'autentica e ideale "Chiesa delle origini". Conseguentemente, le Chiese storiche attuali esprimerebbero un "Cristianesimo corrotto".

Questo pensiero, largamente diffuso nel mondo protestante, oramai rappresenta più d'una tentazione all'interno delle  Chiese antiche. Il passo che segue ne è una chiara testimonianza:

"L'altro giorno Farnes davanti a cinquanta preti diceva: il sacerdozio nel Cristianesimo non esiste, i templi non esistono, gli altari non esistono. Per questo l‟unico altare del mondo tra tutte le religioni che ha tovaglie è il cristiano, perché non è un altare, è una mensa. Anche noi abbiamo fatto nell‟epoca della mescolanza con la religiosità altari di pietra monumentali, anche se poi gli mettevamo le tovagliette. Un altare non può avere tovaglie, perché l‟altare è per fare sacrifici di capre e di vacche” (Kiko Arguello, 1° SCR, p. 54).

Secondo la citazione, dunque, è esistita un'epoca nella quale vigeva la "religiosità naturale" con la quale si edificavano altari monumentali e templi. Ora, combattendo tale "religiosità" la Chiesa ha riscoperto l'altare cristiano che è solo una mensa, il tempio cristiano che sono solo i cristiani.


Riporto tale passo perché, nel suo intercalare, mostra quel modo ideologico tipico di chi tratta, senza conoscerle veramente, le questioni religiose.

Questo procedere per assurde e artificiali opposizioni crea una tale confusione che è necessario realmente partire da zero e fare delle considerazioni di base, offrendo un metodo con  considerazioni storiche.

1) Quando il Cristianesimo si diffuse, esistevano attorno a lui, molti altri culti; esisteva una cultura prevalente, quella ellenistica; esistevano usi e costumi di una società generalmente pagana.

2) La prima reazione fu quella della chiusura. Il Cristianesimo non voleva condividere quanto lo circondava ritenendolo  "ombra" o, addirittura, frutto demoniaco.

3) La seconda reazione, fu quella d'una prudente apertura con l'assunzione di elementi esterni ma purificati dal loro significato pagano.

Tutto ciò lo notiamo sin dagli inizi: san Pietro tendeva a privilegiare (e forse a chiudersi) nella chiesa dei giudei, san Paolo si apriva alla missione verso i pagani. Il suo discorso sull'Areopago è molto significativo, in tal senso.

Oltre a questa serie d'osservazioni, si deve tenere conto di altre semplici considerazioni: quando una persona abbraccia una fede estranea al suo luogo natìo (pensiamo, ad esempio, a quanti divengono buddisti in Italia) (1), non puo' prescindere da quanto ha imparato fino a poco prima.
Si trova nella condizione di dover adattare la sua lingua e la sua mentalità, alle esigenze della sua fede. E lo farà, evidentemente, cercando di conservare meglio possibile lo spirito religioso appreso.

I cristiani nell'impero romano hanno fatto esattamente questo. Quando hanno utilizzato il termine "logos" per indicare Cristo, non inventarono una parola nuova. Logos, infatti, è un termine lungamente utilizzato nella filosofia ellenistica. Essi presero questo termine (già presente in san Giovanni), e lo investirono d'un significato totalmente nuovo rispetto a quello pagano. Presero il termine, il significante, non lo rifiutarono, al punto d'averlo fatto divenire parte integrante della Rivelazione neotestamentaria: "In principio era il Logos e il Logos era presso Dio e il Logos era Dio" (Gv 1,1).

Qualcosa di analogo si deve dire nei riguardi dell'altare. La liturgia ha un suo linguaggio che, proprio come quello verbale, non s'inventa da zero ma si eredita da altri. Tale linguaggio viene adattato e modificato per obbedire ad esigenze religiose fondamentali.

Esempio di "altare" antitradizionale in una chiesa cattolica.
Qui il linguaggio sacro è distrutto a favore di una prospettiva naturalistica.
L'altare "ara del sacrificio" non esiste più. E' una soluzione che collide totalmente
con quelli che dovrebbero essere i riferimenti "normali" del tempio cristiano.
Tutto ciò riguarda pure l'altare cristiano. L'altare era presente sia nel paganesimo, sia nell'ebraismo. Il Cristianesimo, espandendosi e strutturandosi sempre meglio, prese tale "linguaggio" che lo precedeva e gli attribuì significati differenti. Non poteva davvero fare diversamente, proprio come un buddista italiano odierno non può ragionevolmente prescindere dalla sua lingua materna, se vuole comunicare con i suoi connazionali.

E fu così che,  nei riguardi dell'altare cristiano al significato di ara sacrificale dell'Agnello-Cristo (2), si sovrappose quello di mensa eucaristica (3).
Non un significato opposto all'altro, si badi bene!, ma un significato connesso e conseguente all'altro (4). 

Analogamente, la basilica pagana divenne il tempio cristiano, riutilizzando, evidentemente, elementi preesistenti al Cristianesimo stesso. Il tempio cristiano non ha lo stesso significato di quello pagano ma è pur sempre un tempio! L'elemento simbolico significante (il tempio) è stato preso e riutilizzato, non rifiutato! 


Il significato patristico dell'altare e del tempio cristiano, finirono per imporsi con un'autorità simile a quella con cui s'impose il significato di "Logos" nel nuovo testamento. E anche questo fu inevitabile ma non fu certo sentito in termini di rottura o di banale contrapposizione con il passato.

Le idee esposte nella citazione, dunque, oltre ad essere pacchianamente ideologiche, finiscono per andare contro la logica elementare e distorcere quanto storicamente si è verificato. Basta solo rifletterci un poco per capire che molte cose non vanno nel senso da loro esposto. Ci si stupisce, dunque, di come tali idee possano diffondersi ed essere accolte quando, in realtà, nel Cristianesimo le si dovrebbero semplicemente ridicolizzare e rifiutare.


Come il termine "Logos" è entrato nella Rivelazione biblica, pur essendo un termine prettamente culturale e legato ad un contesto ben preciso, così gli elementi simbolici della liturgia hanno assunto una pregnanza talmente profonda che solo l'ignoranza dei tempi attuali può permettersi di metterli in discussione. Tale ignoranza non è solo prodotta dall'essersi estromessi dal flusso religioso tradizionale, all'interno del quale certe cose erano scontate, ma dall'essersi estromessi dalla "logica" con la quale si costruisce un linguaggio e lo si diffonde. E questo è molto grave.


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1) Quest'esempio puramente indicativo ha un limite: nel caso del buddismo, ci troviamo davanti ad una religione già strutturata e ben definita nelle sue pratiche. Il Cristianesimo dei primordi, invece, doveva strutturare il suo culto e iniziare ad articolare un vocabolario teologico per confutare le eresie che, dall'inizio, tentavano di minarlo. Si trovava, dunque, davanti a pesanti difficoltà culturali. Ma questo spiega. a maggior ragione, il suo urgente bisogno d'assumere elementi dal mondo circostante quali "mattoni" per il suo edificio. In questo senso l'elemento ellenistico-romano divenne una base incancellabile al Cristianesimo stesso.



2) "Appena possibile la semplice mensa lignea, usata nelle case nei secoli della persecuzione, divenne l’altare marmoreo in tutto simile all’ara sia ebraica che pagana, ma eloquente per esprimere ciò che l’Eucarestia era in realtà, il Sacrificio di Cristo" Enrico Finotti, Alle radici dell'altare cristiano, Liturgia, culmen et fons, dicembre-gennaio 2011. Vedi http://www.zenit.org/article-25298?l=italian


3) "Al contempo tale ara monumentale e preziosa non abbandonò la mensa, ma la assunse in sé adattandosi ad accogliere i santi doni conviviali e rivestendosi con una candita tovaglia". Ibid.


4) La prima opposizione in questo campo la fece, epoca moderna, Marin Lutero.